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La Chiesa Di Monteoliveto A Napoli

La Chiesa di Monteoliveto a Napoli fu costruita a partire dal 1411 su finanziamento di Gurello Origlia della corte di Ladislao di Durazzo. Largamente protetta dai re aragonesi e sede dell’ordine Olivetano, conserva ancora oggi il rigore quattrocentesco sia negli esterni che nell’interno arricchito da raffinate cappelle nobiliari. Nel piccolo ma luminoso vano cubico della cappella Terranova si distingue il sepolcro di Marino Curiale, realizzato da Benedetto da Maiano (1489), altissimo esempio di scultura rinascimentale.

La Chiesa Di Monteoliveto

Figura di spicco e abile modellatore nel Cinquecento, nel 1532 Giovanni da Nola realizza l’Altare Ligorio in una elaborata cornice architettonica con al centro la Vergine col Bambino e san Giovannino.

La sagrestia con grottesche e allegorie di Virtù è affrescata da Giorgio Vasari (1544-1545), il quale giunge da Roma con il suo seguito di pittori aggiornati alla maniera moderna di Raffaello e Michelangelo, realizzando una straordinaria sintesi di esperienze pittoriche di primo Cinquecento.

SANT’ANNA DEI LOMBARDI

La chiesa è nota anche col nome di Sant’Anna dei Lombardi dal nome della Confraternita che nel 1798 ottenne la concessione del convento dopo il devastante incendio che distrusse la loro chiesa.

Nel rogo bruciarono tre tele di Caravaggio, ben documentate e descritte dalle fonti, ma irrimediabilmente perdute

COMPIANTO DI CRISTO MORTO

COMPIANTO DI CRISTO MORTO

Nel 1492 Guido Mazzoni scolpisce il Compianto di Cristo Morto su invito di Eleonora d’Aragona, sorella di Alfonso II e moglie di Ercole d’Este, presso il quale lavorava l’artista modenese. Sull’esempio della produzione di Niccolò dell’Arca (nelle figure a Santa Maria della Vita a Bologna), le otto statue in terracotta a grandezza naturale insistono sui toni drammatici dei gesti e dei volti, sui quali forse si scorgono le sembianze dei reali aragonesi.

Giorgio Vasari, il biografo cinquecentesco, scrive che il re aveva per lo scultore “grandissima venerazione”, facendosi ritrarre da lui in veste di Giuseppe d’Arimatea in ginocchio il “quale pare veramente più che vivo”.

L’effetto naturalistico, la mimesi del reale e l’espressione del sentimento doveva essere ancora più accentuato dalla policromia delle statue, i cui pigmenti sono andati persi nel tempo.

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