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Complesso Di San Domenico Maggiore A Napoli

Il complesso di San Domenico Maggiore a Napoli fu costruito durante il regno di Carlo II d’Angiò (1285-1309) per ospitare i frati domenicani. La chiesa, dalle forme gotiche, conserva tutte le fasi decorative successive: a tre navate, transetto e abside poligonale, separata da robusti pilastri che sorreggono archi acuti, fu restaurata con ori e stucco nel 1849 dall’architetto Federico Travaglini. San Domenico Maggiore è cosi la testimonianza della sovrapposizione degli stili come spesso accade nei secoli a molte chiese napoletane.

Complesso Di San Domenico Maggiore A Napoli

Esempio chiaro è la facciata d’ingresso, sul lato opposto alla piazza, dove in un unico monumento si riconoscono tutte le fasi di costruzione della fabbrica, dal portale del Trecento all’atrio Settecentesco.

La chiesa è ricca di opere d’arte tra cui molti capolavori di scultura del Cinquecento, che decoravano i monumenti celebrativi delle famiglie nobili napoletane.

Alcune delle importanti opere eseguite per questa chiesa si trovano ora in diversi musei, come la Madonna del pesce di Raffaello, oggi a Madrid (Museo del Prado), l’Annunciazione di Tiziano e la Flagellazione di Caravaggio, esposte entrambe al Museo di Capodimonte. Di quest’ultimo dipinto si conserva una fedele copia, nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, dipinta da un importante caravaggesco napoletano: Andrea Vaccaro (1604-1670).

La sagrestia di San Domenico Maggiore si distingue per la sua omogeneità decorativa di primo Settecento e per la sua funzione: sul ballatoio si espongono i lussuosi feretri di dieci reali aragonesi con i loro familiari, tra cui quello di Alfonso I. Dal cappellone del Crocifisso si accede alla piccola cappella Carafa, detta del Presepe, per la presenza di grandi sculture lignee presepiali, antenati del presepe napoletano settecentesco, opera dello scultore Pietro Belverte, 1507.

Molto suggestivi sono gli affreschi del cupolino eseguiti da Pedro Fernandéz, pittore spagnolo operante in città nei primi decenni del Cinquecento: ai quattro lati figure di profeti e al centro una balaustra aperta su un cielo azzurro, dove gli angeli tra le nuvole, che sorreggono lo stemma dei Carafa, creano uno scenografico effetto di sott’ins�, ripresentando un’invenzione di Mantegna realizzata nella Camera degli Sposi del Palazzo Ducale a Mantova.

La terza cappella a destra dall’ingresso, della famiglia Brancaccio, conserva integri un importante ciclo d’affreschi medievali che ci danno l’idea di come poteva essere decorata l’intera chiesa nel Trecento. L’autore è Pietro Cavallini, tra i più importanti seguaci di Giotto, chiamato a lavorare a Napoli dal re Carlo 11 d’Angiò nel 1308, che affresca le Storie di san Giovanni Evangelista, di sant’Andrea, di san Pietro, della Maddalena e una Crocifissione.

La lezione rivoluzionaria e narrativa di Giotto è chiaramente espressa dal maestro romano, attraverso i colori intensi e pastosi, e nell’inquadramento dei personaggi, non appiattiti su un fondo astratto e bidimensionali come nella precedente pittura bizantina, ma inseriti in paesaggi e nelle tipiche “scatole architettoniche” di invenzione giottesca.

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